Pannelli Pubblicitari (1930-1951)
Nelle mie varie esperienze di lavoro creativo, durante gli anni 30-40, spesso sono stato stimolato dalle immagini fotografiche: sfogliando giornali e riviste, ritagliando dalle stesse alcune foto di grande suggestione visiva e poi, soprattutto, imparando a comporre dei collages che vorrei definire, oggi dopo tante altre esperienze, pittorico-fotografici. Dagli appunti dell’artista.
«La matrice è rigorista-lombarda, ovvero attesta un rifarsi a quei maestri del primo Novecento, Moholy-Nagy, il clima Bauhaus, in cui consisteva tutto il vanto e l’anticonformismo, lo spirito anti-Novecento della pattuglia lombarda... Solo che anche qui Alfieri non tarda a «rompere», non sopporta cioè la cadenza misurata, l’abito stretto e un po’ mortificante che sarebbe richiesto da una simile poetica ... tra le sue maglie essa calamita lacerti assai gustosi e policromi, di chiassosa banalità e attualità sforbiciandoli dai giornali illustrati dell’epoca, con un preannuncio dell’operazione Pop. E siccome gli interventi a collage sono mescolati, come si diceva, ad altri di natura pittorica, viene la tumultuosa convivenza, choccante e urtante, che caratterizzerà, ma quasi vent’anni dopo, il grande Rauschenberg». R. Barilli, Attilio Alfieri, Collage e disegni 1932-1953, ed. Bora 1978.
Io ricorrevo alla foto e non potevo andare ai pennelli e alla tavolozza, dovevo essere esplicito, dovevo fare la pubblicità, le prime gigantografie fotografiche le ho fatte io. [...] Devo dire che ho sempre operato anche in virtù dell’intelligenza di Edoardo Persico, di cui fui molto amico, di Giuseppe Pagano, di Terragni, di Bianchetti, di Cesare Pea, giovani di eccezionale valore, che non potevano certo accettare il liberty nel gusto delle Fiere, già così razionalista e avanzato. Io per loro funzionavo. Certo la mano mi aiutava moltissimo, avevo già fatto tutto, il cartellonista, il muralista, il vetrinista, il verniciatore, l’imbianchino. Dagli appunti dell’artista.