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1940 - 1949 La guerra, la resistenza e il dopoguerra

La dichiarazione di guerra lo scuote dal torpore artistico e da una crisi succeduta alle assidue letture sui problemi di Estetica che dovevano finalmente evolverlo, inquadrarlo e sedargli quell'ansietà del nuovo, così ricercato dalla incalzante cultura moderna.

Foglia alata
Catalogo personale alla Galleria Barbaroux Milano nel 1943.

Ne deriva un felice periodo artistico in cui dipinge quadri inediti, tra cui la serie dei “Cocci” e diverse composizioni materiche, opere che, per la sua incontentabilità e per il sospetto di una accoglienza critica poco favorevole, esporrà per la prima volta a Milano nel 1943, in occasione della personale alla Galleria Barbaroux.

Lettera della Biennale che conferma l’accettazione dell’opera Natascina.

Nel 1940 è di nuovo alla Biennale di Venezia, per il concorso del ritratto, e vi espone Natascina del 1933; sarà ancora a Venezia nel ’42 e nel ’44, quando viene invitato con una parete personale, ma la manifestazione sarà annullata per cause belliche.

Nel 1940 alla mostra del Sindacato fascista lombardo alla Permanente di Milano, Alfieri vince il premio della Provincia; il premio giovani al Premio Bergamo, ex equo con Mafai, Guttuso e Cantatore; e una medaglia d’oro all’esposizione Artisti italiani a Losanna.

Attilio Alfieri a Milano, 1941.
Lettera assegnazione del Premio Verona, 1942.

Nel 1941 il secondo Premio Lago d’Iseo al Premio Bergamo, il Premio-acquisto della Provincia di Milano e il Premio Ente Turismo di Brescia.

 

Nel gennaio 1942 è con una mostra personale alla Galleria Grande di Milano, e a febbraio alla Galleria Genova di Genova; sempre nel 1942 a Verona vince il primo premio (ex aequo con Tomea) col dipinto Rapanelli; a Firenze il primo premio “Piero della Francesca” con Lotteria di Tripoli; e il primo premio del Ministero dell’Educazione Nazionale.

 

Ancora a Milano nel 1943, vince il Premio della Provincia alla mostra Intersindacale.

Argè, Milano 1947.

Nel 1942 si lega sentimentalmente ad Argentina Sebastiani. Alfieri l’aveva conosciuta nel 1933 per l’amicizia con suo fratello Ferrino, ma l’aveva poi persa di vista a causa di una lunga malattia che l’aveva allontanata da Milano. Argentina, chiamata marchigianamente Argè, era nata a Tolentino il 21 maggio 1905 da famiglia benestante, si era trasferita a Milano nel 1927, ospite dei coniugi Cento che le avevano affidato la segreteria dell’Accademia Libera di Cultura e Arte, frequentata da artisti e uomini d’ingegno.

 

Argè ama il teatro e la letteratura, in particolare quella russa (dai romanzi di Dostoevskij prenderà i nomi per i due figli), frequenta un corso di recitazione all’Accademia dei Filodrammatici ed entra a fare parte della compagnia di Pirandello. Esordisce nel 1930 all’Eden di Milano con Liolà.

Nel 1943 lo studio di via Procaccini viene bombardato due volte, e nel secondo verrà completamente distrutto, con la conseguente perdita e danneggiamento di molte opere e di gran parte della documentazione. Attilio viene ospitato provvisoriamente nella villetta dei Sebastiani in via Sarno.

 

Gli effetti disastrosi della guerra e l’oppressione, anche psicologica, della dittatura fascista segnano profondamente l’uomo e l’artista. Difende la propria indipendenza spirituale e politica rifiutando di iscriversi al Partito fascista, e per questo perderà il posto di insegnante all’Umanitaria, e poi impegnandosi direttamente nella Resistenza milanese, insieme ai fratelli di Argè, Ferrino e Leonida.

Bando del Comando tedesco, Loreto giugno 1944.
Tessera di riconoscimento del gappista Attilio Alfieri.

Vengono presto presi di mira dalla polizia politica. Ferrino viene arrestato e deportato in Germania (morirà in un campo di concentramento poco prima della fine della guerra), mentre Attilio, avvisato per tempo, si rifugia nelle Marche. Qui nell’ottobre 1943, insieme al cugino Nereo Alfieri, archeologo e topografo dell’antichità, entra a far parte della Brigata partigiana G. Ancona, al comando di Paolo Brancondi. La cattura di Paolo e del fratello Bruno, entrambi fucilati dai nazisti nel giugno 1944, e la messa al bando da parte del comando tedesco dell’intero gruppo partigiano, costringono Alfieri a una nuova fuga. Sfugge alla cattura grazie all’aiuto di alcuni contadini che lo nascondo nei casolari della campagna marchigiana.

A Milano la villetta di via Sarno viene gravemente danneggiata dai bombardamenti dell’agosto 1943 ed Argè, che è incinta, sfolla a Caversaccio, in provincia di Como. A novembre nasce Sonia, che Attilio però potrà abbracciare solo a Milano a guerra finita.

 

Alfieri, che era rientrato a Milano all’alba della liberazione, nell’estate del 1945 si trasferisce con tutta la famiglia in piazzale delle Milizie (poi rinominata piazza Patrioti), in un’unica stanza, con acqua e servizi in comune, nella ex Casa del Fascio, una torre circolare in mattoni e perciò detta “Ca’ Rossa”, interamente occupata dai sinistrati.

Attilio Alfieri con i compagni partigiani a Milano, aprile 1945.

In una costruzione bassa adiacente alla Ca’ Rossa, l’ex cinema-teatro della Casa del Fascio, Alfieri recupera un altro locale da adibire a studio. Mario Lepore così lo descrive in Studi d’artista: “Oltrepassata una breccia di muro, si trovava una pericolosa scala senza ringhiera o corrimano, buia e sbrecciata, che portava su; una porta cadente dava in due stanzette dal soffitto basso e rischiarate da una finestrella. Attorniato da montagne di tele, con una piccola stufa presso la quale si ammucchiava la legna, in qualche metro quadrato di spazio, Attilio Alfieri dipingeva”.

Attilio Alfieri e Argè, Milano marzo 1948.

Attilio e Argè si sposano a Milano il 27 luglio 1946. Argè aveva trovato un impiego a Milano presso il Calzaturificio di Tradate di Nino Martegani, che poco tempo dopo l’assumerà come segretaria di produzione nella sua casa di produzione cinematografica. La passione comune per la letteratura e il cinema, spingono Argè e Attilio a cimentarsi nella descrizione della loro “coabitazione coatta” alla Ca’ Rossa, realizzando la sceneggiatura per un film neorealista, Matrimonio in coabitazione, a cui faranno seguito un romanzo e altre sceneggiature.

 

Inseparabile compagna di vita dell’artista, Argè si fa carico di tutto il peso della famiglia ma trova sempre il tempo per essere utile al marito: nell’organizzazione delle mostre e nella selezione dei quadri, tenendo i rapporti con i mercanti e i collezionisti, e aiutandolo nelle vendite. Soprattutto lo sostiene nei momenti difficili e lo stimola nel lavoro, spesso anche criticandolo severamente.

Cartolina pubblicitaria dell’impresa di Attilio Alfieri

Nel 1949, con la nascita di Aliosca, Argè è costretta ad abbandonare l’impiego. Attilio, per far fronte alle spese, deve riprendere l’odiato lavoro manuale: con l’aiuto del fratello minore, Gaetano, e del cognato Leonida, apre una piccola attività di decorazione e imbiancatura.

 

Continuerà la collaborazione con gli architetti (tra cui Erberto Carboni, Angelo Bianchetti e Cesare Pea) per gli allestimenti degli stand nelle fiere, ma limitandola per lo più all’esecuzione operativa dei loro progetti decorativi.