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1940 - 1949 La guerra, la resistenza e il dopoguerra
La dichiarazione di guerra lo scuote dal torpore artistico e da una crisi succeduta alle assidue letture sui problemi di Estetica che dovevano finalmente evolverlo, inquadrarlo e sedargli quell'ansietà del nuovo, così ricercato dalla incalzante cultura moderna.
Nel 1940 alla mostra del Sindacato fascista lombardo alla Permanente di Milano, Alfieri vince il premio della Provincia; il premio giovani al Premio Bergamo, ex equo con Mafai, Guttuso e Cantatore; e una medaglia d’oro all’esposizione Artisti italiani a Losanna.
Nel 1943 lo studio di via Procaccini viene bombardato due volte, e nel secondo verrà completamente distrutto, con la conseguente perdita e danneggiamento di molte opere e di gran parte della documentazione. Attilio viene ospitato provvisoriamente nella villetta dei Sebastiani in via Sarno.
Gli effetti disastrosi della guerra e l’oppressione, anche psicologica, della dittatura fascista segnano profondamente l’uomo e l’artista. Difende la propria indipendenza spirituale e politica rifiutando di iscriversi al Partito fascista, e per questo perderà il posto di insegnante all’Umanitaria, e poi impegnandosi direttamente nella Resistenza milanese, insieme ai fratelli di Argè, Ferrino e Leonida.
A Milano la villetta di via Sarno viene gravemente danneggiata dai bombardamenti dell’agosto 1943 ed Argè, che è incinta, sfolla a Caversaccio, in provincia di Como. A novembre nasce Sonia, che Attilio però potrà abbracciare solo a Milano a guerra finita.
Alfieri, che era rientrato a Milano all’alba della liberazione, nell’estate del 1945 si trasferisce con tutta la famiglia in piazzale delle Milizie (poi rinominata piazza Patrioti), in un’unica stanza, con acqua e servizi in comune, nella ex Casa del Fascio, una torre circolare in mattoni e perciò detta “Ca’ Rossa”, interamente occupata dai sinistrati.